Platone. L'uomo e l'opera

Una fatica dai tratti esilaranti attende l'incauto lettore, che può solo sperare che il correttore di bozze iconoclasta abbia almeno goduto nel fare scempio di questa, magari datata, pietra miliare della storiografia. Sinistri refusi costellano l'opera con una frequenza quasi sublime. Colpiscono a morte gli svarioni clamorosi e sistematici sui nomi propri: non turba troppo "Trasilo" al posto di "Trasillo" o "Cherofonte" al posto di "Cherefonte", ma leggere sistematicamente "Callide" al posto di "Callicle" fa un certo effetto (coerentemente pure nell'indice di nomi). Il pezzo forte resta però l'esperimento di paroliberismo con "lukàcs" che compare - come un messaggio subliminale in stile Fight Club - nelle bibliografie e non solo: "In quasi tutti [scil. i dialoghi], tranne i più brevi, il discorso si estende, come realmente avviene in una lukàcs, su un largo campo di problemi"; "Lukàcs15. Retorica, 1367 b 8"; "J. Stenzel, Platone educatore, Bari 1935, Lukàcs" Magari simili piaghe flagellano solo la mia copia, acquistata in saldo al 50%, ma siete sicuri di voler rischiare?