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Attraverso la storia della diffusione del pc in Italia, raccontata con linguaggio chiaro anche per i meno esperti, Marcello Zane ricostruisce un aspetto importante del nostro "ritardo" nella trasformazione economica e sociale. Si parte dal 1955, quando il Politecnico di Milano presentò alla stampa e ai cittadini il primo computer. E immediatamente emergono le resistenze alla modernizzazione: in primis da parte dello stesso mondo aziendale italiano, che non riusciva a vedere i vantaggi delle macchine calcolatrici rispetto ai tradizionali sistemi meccanografici a schede perforate. Ma la vera e propria grande occasione si presentò dieci anni più tardi, quando la Olivetti di Ivrea lanciò sul mercato il "Programma 101", di fatto il primo pc della storia, dotato persino di un supporto magnetico per l'introduzione e l'uscita dei dati (antesignano, per molti versi, del floppy disk). Il "P 101" fu accolto con molto interesse negli Stati Uniti. In Italia, nel frattempo, si continuava invece a dibattere sull'utilità delle nuove macchine (un dibattito non esauritosi ancora nel 1976!), senza accordare, conseguentemente, un convinto sostegno pubblico allo sviluppo del settore. Così, mentre l'evoluzione tecnica mondiale procedeva a ritmo impetuoso, la "resistenza" operata dalla cultura umanistica tradizionale del nostro paese contribuiva pesantemente a fare perdere "preziose occasioni". Occasioni che anche le scelte imprenditoriali della Olivetti, in verità, non seppero sfruttare, dato che, di fronte alla vera e propria "rivoluzione" informatica del 1981 (il primo pc della Ibm) e alla proliferazione del settore (con protagonisti come Commodore e Apple), a Ivrea si preferiva "attendere". Il volume consente così di ripercorrere un'avvincente storia dello sviluppo tecnologico e delle sue ricadute sociali, dando conto, anche in questo campo, dell'arretratezza italiana.
Giovanni Borgognone
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