Il 1989 ha segnato una cesura storica, il cui significato resta tuttora in gran parte da decifrare. Sul piano strettamente tedesco, il 1989 è accostabile ad alcune altre importanti date, tra cui il 1866, il 1871, il 1918, il 1933 e il 1945, ognuna delle quali segna l'avvio di una profonda transizione politica. Il 1989 rappresenta però un vero e proprio
unicum nella storia tedesca, perché gli eventi di quell'anno, che portarono allo smantellamento della Ddr e alla riunificazione della Germania, non avvennero per effetto né di una guerra, né dell'affermazione di una nuova forza politica. Per tale ragione rispondere alla domanda "a chi appartiene l'89?" risulta cosa ben più complessa di quanto si potrebbe pensare a prima vista. Come sottolinea Martin Sabrow nel suo contributo al volume, i protagonisti del 1989 furono molti, ma nessuno pienamente consapevole di quanto stava per accadere: né Gorbacev, né le masse ebbre di gioia che dilagarono dai varchi del Muro e tantomeno le forze di opposizione, le quali, nell'apertura di quei varchi, non videro l'inizio della fine, ma un passo tardivo, seppur rischioso, sulla via della normalizzazione. A fronte del disorientamento causato dagli eventi di quei giorni sembra perciò che il 1989 appartenga non tanto a coloro che allora ricoprivano posti chiave, quanto a coloro che, a posteriori, ne hanno egemonizzato l'interpretazione: il 1989 è "un passato non solo discusso e conteso, ma anche corteggiato". A partire da questa constatazione Thomas Schaarschmidt e Magda Martini, già autrice qualche anno fa di un importante studio sui rapporti culturali tra ex Germania orientale e Italia (
La cultura all'ombra del muro. Relazioni culturali tra Italia e ddr. 1949-1989, il Mulino, 2007), hanno intrapreso, avvalendosi della partecipazione di alcuni studiosi di fama internazionale, un'ampia ricognizione sui più diversi aspetti della storia della Ddr. Attraverso una prospettiva analitica tesa a privilegiare indagini di tipo interdisciplinare e intergenerazionale, il volume, che raccoglie gli atti del convegno organizzato nel 2009 dall'Istituto storico italo-germanico di Trento in collaborazione con il Zentrum für Zeithistorische Forschung di Potsdam, offre al pubblico italiano non solo la possibilità di fare il punto sullo stato attuale della ricerca, ma anche un'imprescindibile base di partenza per ulteriori e utilissimi approfondimenti. E ciò risulta tanto più meritevole se si pensa al fatto che in Italia l'intenso processo di rielaborazione della storia della Ddr avviatosi in Germania dai primi anni novanta è stato percepito solo molto parzialmente e settorialmente. All'indomani della riunificazione, il timore che si ripetesse quanto avvenuto nel secondo dopoguerra con la rimozione del nazismo ha indotto le autorità tedesche a partecipare attivamente al processo di "storicizzazione" della vicenda orientale. La forte impronta istituzionalizzante (tra 1992 e 1998 ben due commissioni di inchiesta parlamentare lavorarono alla
Aufarbeitung della "storia della dittatura della Sed") non ha prodotto omologazione, ma, al contrario, favorito lo sviluppo di filoni originali. Tra questi, in primo luogo, quello che, concentrandosi sugli aspetti più politici e istituzionali della Ddr, ha inevitabilmente riaperto il dibattito sulla nozione di totalitarismo da un lato e il confronto con il passato nazionalsocialista dall'altro. In secondo luogo, quello che si è concentrato sugli aspetti culturali e sociali, privilegiando la dimensione privata della "vita vissuta" e della memoria. Di queste due principali matrici, che, in genere, tendono a conclusioni sensibilmente diverse sulla storia della Ddr, il volume dà conto sin dalla prima delle quattro sezioni in cui è suddiviso, nella quale Martin Sabrow, Thomas Schaarschmidt e Mary Fulbrook analizzano rispettivamente le diverse interpretazioni del 1989, le ragioni della rinascita del paradigma del totalitarismo e i significati di quella svolta per le diverse generazioni di cittadini tedesco-orientali. Se la terza sezione, coprendo un ampio spettro tematico, prende in esame questioni come i rapporti intertedeschi, l'apparato repressivo e la politica culturale della Ddr, sono soprattutto la seconda e la quarta a offrire alcuni degli spunti più interessanti in relazione allo stato della ricerca prodotta al di fuori della Germania e in relazione all'eredità della Ddr. Nel quadro dei complessi rapporti tra Italia e Ddr meritano menzione soprattutto il saggio di Sara Lorenzini, dedicato all'esame delle ragioni dello scarso interesse della storiografia italiana verso la Ddr, e quello di Michele Sisto, dedicato all'analisi del valore che quell'esperienza di "socialismo reale" assunse, a partire da Cesare Cases, per gli intellettuali italiani di sinistra. Federico Trocini